Golfo di Policastro

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Il Golfo di Policastro e un ambiente straordinario

Il Golfo di Policastro è oggi, e da molto tempo, una importante area turistica italiana. Ci piace però presentarlo con le parole introduttive di Gianni Calvi al bel volume "VISIONI DI MARATEA E DEL GOLFO DI POLICASTRO" (di cui curò testi e foto), commissionato dall'Ente per lo Sviluppo Turistico di Maratea ed edito dall'Istituto Geografico De Agostini di Novara nel 1957.

"Presentiamo in questo volume una delle zone più belle e più sconosciute del Mezzogiorno d'Italia; e una delle più antiche e civili. Essa subì l'influsso della colonizzazione greca circa 800 anni prima di Cristo. Nel VI e V secolo venne occupata dai Lucani, che diedero il loro nome a tutta la regione compresa fra la Campania, l’Apulia e il Bruzio (Calabria). Roma sottomise la Lucania nel 298 a. C. Nell'87, dopo la guerra sociale, ottenne i diritti di cittadinanza ed entrò a far parte della Comunità di Roma. Sotto Augusto era compresa nella III Regione Italica (Lucania e Bruzio).

Erano di origine greca le maggiori città costiere. Sul Tirreno famose Poseidonia (Paestum) ed Elea (Velia), di cui restano tracce monumentali. Di altre affacciate sul Golfo di Policastro come Blanda e Laos, scomparse nell'alto Medio Evo, è insufficiente o incerta la documentazione archeologica e storica. A differenza di queste ultime Policastro (la greca Pixus, Buxentum per i romani) sopravvisse alle calamità che la investirono, grazie alla continuità e all'autorità dei suoi Vescovi.

Policastro dà nome al Golfo, i cui limiti, ad ascoltare gli antichi che lo chiamavano «sinus Laus», golfo di Lao, si stendevano da Capo Palinuro a Capo Bonifati. Un criterio più rigoroso — ma tutte queste indicazioni hanno un fondo convenzionale — lo limita tra Punta degli Infreschi e Capo Scalea, nei termini in cui è meglio pronunciata l’insenatura. Oggi confluiscono sul Golfo di Policastro i confini amministrativi di tre regioni: la Campania, fino al Canale Mezzanotte; la Lucania, da questo punto sino alia foce del Noce; infine la Calabria. Ma un tempo il Golfo era tutto Lucania. Infatti, geograficamente e geologicamente questa regione nel suo versante tirrenico va dal Sele, a nord di Paestum, al solco Sangineto-Passo dello Scalone, sotto Belvedere Marittimo, dove termina l’Appennino Lucano e inizia il sistema Calabro-Siculo, di altra origine e natura. Anche l'antica regione amministrativa lucana era pressappoco entro questi limiti: cioè dal Sele al Lao, che si getta nel Tirreno fra Capo Scalea e Diamante. Nel presentare le visioni del Golfo noi seguiamo criteri estensivi, che trovano fondamento nella natura e nella storia; e perciò puntiamo l'obiettivo dalla zona di Palinuro a Belvedere Marittimo.

Tutte le vicende del Mezzogiorno, dal Medio Evo in poi, hanno lasciato traccia nella regione. I Longobardi nel IX secolo, i Bizantini nel X, i Normanni nell'XI, gli Svevi dal 1189 al 1261 (è dal tempo di Buggero II che la regione lucana incomincia a chiamarsi Basilicata, cioè governata da un funzionario imperiale o «basilico»), gli Angioini e poi gli Aragonesi dal 1300 alla fine del '400, la Spagna per i due secoli successivi, quindi gli Asburgo per trentatré anni, e poi i Borboni, la Francia di Napoleone e di nuovo i Borboni governarono successivamente la regione e il Golfo, mentre saraceni e corsari di ogni razza non cessarono di fare oggetto delle loro scorrerie la zona costiera, respingendo gli abitanti in località più protette o nell'interno e aumentando la loro miseria. La minaccia corsaresca e l'ordinamento feudale sono gli eventi del passato che si sono più nettamente trasferiti, mantenuti, quasi fissati nel paesaggio e nel color locale, e lo caratterizzano tuttora.

Nelle tavole che abbiamo raccolto tentiamo di esprimere la sconosciuta bellezza del Golfo, dei suoi dintorni e del suo retroterra attraverso i caratteri più rilevanti e nella loro straordinaria varietà di aspetti. È con struggimento che si ricordano queste grandi solitarie coste, gli strapiombi rocciosi, le aguzze scogliere nerastre che si allungano nell'acqua tersa e intensamente colorata, i bellissimi promontori, le nude isolette, l'improvvisa quiete delle spiagge naturali, le impressionanti distese di sabbia che respingono il mare come nei grandi archi di Praia e Scalea. L'eloquenza scenografica del paesaggio marino si ripete con altre note non appena si risalgono le valli verso l’interno: grandiosi scenari dolomitici, come nella Valle del Mingardo; nudi aspetti carsici, come al Passo della Colla, appena sopra Maratea; aperti e luminosi paesaggi svizzeri come a Lauria e a Lagonegro; immense distese di ulivi, che richiamano la Toscana, nelle estreme propaggini del Cilento o da Policastro a Sapri; i rigogliosi castagneti che danno a Trecchina un aspetto di prealpe lombarda: così la scena è sempre grande e variata, ricca di imprevisti e di sorprese.

C’è una ragione strutturale che spiega l'eccezionale fantasia del paesaggio, ed è l'estrema varietà dei terreni che vanno dall'alba del mesozoico alle più recenti formazioni marine. Ma il dato scientifico non basta a definire la misura essenziale di questa bellezza. Forse bisogna cercarla nella staccata solennità, o nel silenzio, o nella presenza viva dell'antico; o in tutte e tre queste cose insieme.

Che navigatori delle leggendarie età solari siano approdati a queste coste pare cosa naturale. Queste aguzze scogliere, il mare lucido e trasparente, il sole luminoso, le sterminate solitudini sono quelle dei miti mediterranei. Che lunghe lotte abbiano tormentato queste terre, si vede. Ogni borgo di qualche importanza ha una parte munita, il castello, inerpicato su una rupe da dove si domina il mare, o la strada; e su ogni punta o capo, su ogni altura che guardi un passaggio, si scorgono i ruderi di torri o di rocche. Le case sono strette l'una all'altra; sono case di gente che ha dovuto ripararsi, difendersi, talvolta fuggire. Città distrutte e abbandonate sono rimaste con le loro intatte macerie a guardia del loro passato, come l'antica Maratea e l'antica Cirella.

A Maratea, le cui braccia si allargano su tutto il fronte tirrenico dell'attuale Lucania, il mare e la terra, la civiltà e la storia di queste terre hanno riunito in un suggestivo diorama tutte le loro espressioni. Qui sono le alte rocce incombenti sul mare, i promontori, le isole, una corona di grotte dove natura e magia si incontrano; c’è una conca verde e fertilissima adagiata fra la brulla montagna del Cerrito e l'impennata rupestre di Monte S. Biagio, con una vegetazione fiorente e varia che in breve tratto passa dalle agavi, dagli aranci, dai carrubi, dai fichi d'India ai carpini, ai frassini, alle ginestre, agli abeti; ci sono le torri, i castelli, le rovine, i santuari che rendono ricche di dramma e di leggenda le tradizioni. E Maratea, la sola località di queste zone che riuscì a mantenersi libera nei tempi feudali e a svilupparsi nei suoi vari nuclei in modo difforme ma congeniale, sembra appunto un miracolo della natura e della storia, la più importante scoperta del Golfo di Policastro."

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